Gastronomia
Gastronomia (dal greco γαστρονομία: arte culinaria, da γαστήρ = ventre e νόμος: = legge), pure arte culinaria (dal lat. culina: cucina, cibo), la conoscenza di diversi cibi e modi di preparazione; il culto del cibo scelto e della conoscenza del cuoco. Nella gastronomia istriana si riflettono caratteristiche storiche, geografiche e climatiche del luogo.
Nella cucina popolare (cibi tradizionali ) , che si basa su ingredienti naturali, piante spontanee, spezie aromatiche, verdure di stagione, frutti di mare ed altro, si sono intrecciate differenti nozioni della tradizione, sono stati introdotti influssi centroeuropei della cucina feudale germanica, dei cibi romani mediterranei inoltre dal VII sec. della cucina della popolazione slava. La traccia più importante è stata lasciata dalla cucina veneziana, molto fantasiosa e vasta che utilizzava alimenti praticamente da tutto il mondo allora conosciuto (dal baccalà dei Paesi Baltici sino alle rare spezie dall'Asia), e poi verdura fresca dagli sbocchi fiumani dei dintorni, la selvaggina dell'entroterra, l'olio d'oliva e il vino dell'Istria, gli scampi dal Quarnero e altro. In questo modo le liste dei cibi nelle città sulla costa occidentale dell'Istria, apparirono molte nuove pietanze (per es. il baccalà), che venivano preparate con diverse spezie: pepe, cannella, coriandolo, cumino, noce moscata, chiodi di garofano e altri. Siccome nella Repubblica di Venezia, perlomeno nei primi tempi, il pesce era ritenuto un alimento popolare, addirittura cibo dei poveri, sui modi di preparare il pesce e altri frutti di mare ebbero influenza i pescatori e i marinai di Chioggia, che spesso frequentavano le cittadine e i villaggi lungo la costa istriana: si scambiavano esperienze sulla preparazione della zuppa (brodo denso), risotto e busara da una parte dell'Adriatico, ma anche di granchi....., brodetti di granchi o patelle, dall'altra. Tracce di questa compenetrazione reciproca si avvertono ancor sempre nella gastronomia istro-costiera. Nell'entroterra dell'Istria la gastronomia non era così sviluppata e variegata, e nelle città sulla costa occidentale si percepiva maggiormente l'influenza carnica, ma anche slava, ungherese, dalmata. Nella parte centrale della penisola, sotto il dominio dei principi di Gorizia, e dopo esposta agli influssi asburgici, era sviluppata la caccia della selvaggina. Siccome questi luoghi erano abitati principalmente dalla popolazione che si occupava di agricoltura, qui generalmente vi era una scarsità di alimenti: il contadino preparava da mangiare con quello che produceva da solo e con quello che poteva trovare, perché non aveva abbastanza denaro per acquistarlo al mercato. Il pane s'impastava con farina di granoturco mescolata con farina d'orzo o di qualche altro cereale; si infornava una o due volte alla settimana nel forno o in focolari all'aperto - sotto la campana. Raramente si mangiava pane bianco, spesso solo per Pasqua o in casi di malattia; lo stesso valeva per la carne. Ai malati meno gravi, per fargli riacquistare le forze, si preparava il brodo di pollo (da ¼ di gallina) oppure il brodo di farina e strutto ( con aggiunta d'acqua) con formaggio pecorino o di mucca grattugiato. Le donne dopo il parto ricevevano gli gnocchi di patate con sugo di volatili (gulash di volatili). I cibi più comuni erano l'amido (polenta di granoturco o d'orzo) con il latte, lo zucchero e il vino, la minestra ( contorno di patate, orzo e fagioli), e patate arrostite con la buccia. Cibi migliori si preparavano per le feste ecclesiastiche e nel periodo dei duri lavori nei campi. Per Natale e Pasqua si mangiavano i ravioli (pasta ripiena di formaggio) e gnocchi con sugo di gallina. Con questo sugo si ricoprivano i fusi (pasta di farina tagliata a quadratini e ripiegati) per i mietitori nel campo. Praticamente coincidente alla festività era il giorno del macello dei suini: allora si arrostivano i lembi restati dal taglio della carne, con le ossa si cucinava il brodo, un piatto obbligatorio era la polenta con le interiora di suino, che in alcuni villaggi viene detta polenta alla veneziana, che spiega le sue origini. Molti cibi derivanti dalla penuria vengono reintrodotti nell'alimentazione, un'alimentazione ricca di pesce (in genere azzurro), che prevale di cibi lessati, piuttosto che fritti, ricca di verdure e frutta, piante spontanee, l'uso d'olio di oliva, nonché la consumazione controllata di vino (in genere rosso), sono i principi che distinguono la cucina mediterranea, promossa dal movimento dello stile di vita mediterraneo (dieta mediterranea). Dopo l'abbandono del concetto del cosiddetto turismo di massa, dal 1995 su iniziativa dell'Ente per il Turismo della Regione Istriana, si crea una nuova offerta turistica di cui la gastronomia è parte integrante. Si organizzano numerose manifestazioni gastronomiche, per es. i giorni del tartufo, dei funghi, dei formaggi, salsicce e ombolo, lumache, sardelle, asparagi, castagne e altre. Vengono aperte cantine in cui si preparano pietanze alla maniera tradizionale, per es. sul focolare e sotto la campana, oltre a ristorazioni con un'offerta specializzata. Dal 1996 viene pubblicata la guida gastronomica dell'Istria: l'elenco delle migliori ristorazioni e cantine dell'Istria in base al voto di una commissione indipendente. Un contributo alla gastronomia istriana è stato dato anche dalla tutela del prosciutto come prodotto originale nonché la popolarizzazione di altre specialità gastronomiche istriane: del tartufo bianco (Tuber Magnatum Pico), dello scampo del Quarnero, del formaggio, del miele e dell'olio d'oliva.
BIBLIOGRAFIA: M. Fast, La cucina Istriana, Padova 1990; S. Kalapoš, Kiša, hrana i kultura. Međusobni utjecaji kulturnih, društvenih i prirodnih činitelja jednoga kraja, Studia ethnologica Croatica, 1998–99, 10–11.
F. Lukež
http://www.istria-gourmet.com/hr
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